Iran 2022
Repressione violenta
Questo articolo è stato realizzato grazie alla testimonianza di un ragazzo iraniano, che per motivi di sicurezza suoi e dei suoi cari ci ha chiesto di rimanere anonimo.
Saman – così lo chiameremo - ci ha aiutati a comprendere la situazione odierna in Iran, su come si è evoluta dai tempi della monarchia fino al regime, sugli abusi, le coercizioni, le rivoluzioni e le rivolte che ancora oggi esplodono e su come il paese abbia imparato a comunicare internamente ed esternamente, a dispetto dei tentativi di censura del governo. Una visione generale di ciò che sta accadendo in Iran.
Per convenzione l’intervistato sarà identificato con la “S”, mentre l’intervistatore sarà “CFFC”.
CFFC - Da quanto sei in Italia e perché hai scelto il nostro paese?
S - Sono arrivato in Italia nel settembre del 2016, per studiare ed avere un’esperienza nuova, vivere in un altro paese, con culture differenti. Avevo bisogno di allontanarmi da tutti i limiti e le limitazioni dell’Iran e da come, in generale, viene gestito il paese.
Ho scelto l'Italia per l'arte e perché studio architettura. Prima tornavo una volta l'anno in Iran, poi ho dovuto chiedere un permesso studio per venire qui, poiché, non avendo fatto il servizio militare, non potevo uscire dal paese.
L’alternativa era quella di usufruire di un permesso per studiare fuori a patto di lasciare una cauzione a garanzia del mio ritorno. Adesso ho paura di provare a rientrare. Non per l’arresto, quanto per il fatto che potrebbero obbligarmi a rimanere lì.
CFFC -Sei comunque rimasto in contatto con i tuoi familiari: loro ti aggiornano riguardo la situazione odierna in Iran ?
S -Si, ogni giorno parlo con loro, e prima controllavo la situazione anche attraverso Instagram. In questo momento chi esce di casa rischia seriamente di essere ucciso. Le milizie sparano senza scrupoli sulla gente. Purtroppo adesso Instagram non funziona e neanche Facebook, a meno che non si usi una VPN (Virtual Private Network) in modo da cambiare il nostro indirizzo IP e sentirci più al sicuro.
La situazione è peggiorata tanto perché ancora stanno uccidendo tante persone e la gente è arrabbiata, ma spaventata.
Questo movimento è nato come una manifestazione, ma adesso si sta evolvendo in una vera e propria rivoluzione, non vogliamo più questo governo perché ci obbliga a determinate cose, come l’hijab, che non sono inerenti neanche alla nostra cultura secondo me, perché nasce dalla cultura araba e non da noi. Paradossalmente, quarant'anni fa quando c'era la monarchia c’era più libertà di scelta […], ma da quando questo governo è diventato una “repubblica islamica” è cambiato tutto.
Si sono insediati promettendo cose che poi non avrebbero mantenuto: noi siamo un paese ricco di petrolio e promisero che tutto sarebbe stato gratis - gas, acqua, luce, i mezzi pubblici - e che avrebbero aiutato a comprare delle case per chi non ne avesse avuta una. Questa dialettica ha convinto la popolazione a cacciare via il re, che ha poi effettivamente abbandonato il paese, lasciando che loro lo sostituissero e diffondessero quindi la legge dell'islam.
Io provo rispetto per i musulmani, molti tra i miei amici lo sono, ma odio quelli che impongono la loro religione: da noi la sovrapposizione del diritto con i dettami religiosi è un problema, perché se non si rispettano quei canoni vieni prima multato, costretto poi a firmare la promessa di non farlo più, e se vieni nuovamente fermato vieni arrestato, picchiato o persino peggio.
Masha Amini era di Saqqez e si era recata con la famiglia a Teheran per fare compere. E’ stata fermata e arrestata per la mancata osservanza della legge sull’obbligo del velo, perché era vestita normalmente, ma aveva i capelli leggermente scoperti: una cosa accettata tranquillamente nella cultura iraniana. Non siamo come quei paesi che impongono il burqa. La polizia morale l'ha comunque portata via in auto, in una stazione di polizia, dopodiché l'ambulanza l’ha condotta nell’ospedale nel quale dopo due giorni è morta.
Questo evento è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso: la gente non ha più potuto sopportare questo genere di soprusi da parte del regime ed è scesa in piazza.
CFFC - Cos'è cambiato a quel punto?
S -Adesso, in seguito alla storia di Masha, tutto il mondo sa cosa sta accadendo in Iran. Il regime ha sempre provato a nascondere la situazione, come dicevo, anche isolando internet. All’inizio, non avendo ancora cominciato ad utilizzare le vpn, mi è anche capitato di non riuscire a sentire i miei genitori per quattro, cinque giorni e non era mai accaduto.
E’ un periodo tremendo: il malessere era ed è diffuso e la gente ha paura ad uscire di casa perché il rischio di essere uccisi è concreto, indipendentemente dal genere e dall’età.
La stessa cosa è accaduta con Nika Shakarami, ragazza di 16 anni che è sparita sempre a Teheran, dopo aver partecipato a una manifestazione e i suoi genitori l’hanno cercata in ogni ospedale e stazione di polizia. (Tutti i funzionari interpellati hanno dichiarato di non sapere dove fosse. Solo 10 giorni più tardi la famiglia di Nika affermò di aver localizzato il suo corpo nell’obitorio di Kerhizak, dopo di che le forze dell’ordine l’hanno rubato e seppellito segretamente. La magistratura ha dichiarato che la morte fosse riconducibile ad una caduta da un edificio in costruzione, nonostante gli evidenti segni di tortura sul cadavere. Parte della famiglia, in televisione, confermò la versione degli inquirenti, salvo poi ammettere che erano stati costretti con la forza. La madre di Nika si è invece ribellata alla versione del regime e ha dichiarato pubblicamente la realtà dei fatti). (1).
L'intervista prosegue dopo la photogallery
S - Come Nika ci sono tanti altri casi, come quello di Sarina ad esempio, che protestava contro le limitazioni alla libertà individuale: dall'obbligo del velo al poter uscire come e quando si voglia.
Anche per noi uomini ci sono delle limitazioni, se vedono qualcosa fuori dai dettami religiosi veniamo picchiati e i pretesti possibili sono infiniti. Ti possono far strisciare a terra, mettere in macchina e portarti via senza alcuna garanzia di fare ritorno.
Tanti di noi hanno paura a parlare come sto facendo io adesso, per questo ho chiesto l’anonimato: perché se un domani tornassi in Iran mi arresterebbero di sicuro o comunque potrebbero far del male ai miei familiari.
CFFC - la religione e lo stato di diritto non sono separati all'interno della vostra cultura, mi hai accennato che è un fattore che non ritenete giusto e che sta colpendo forse più duramente la popolazione femminile. Quanto è forte la partecipazione alle proteste della popolazione maschile iraniana?
S - Come accennavo, in molti in Iran la pensano come noi. Ci sono ovviamente persone più religiose alle quali è stato fatto un lavaggio del cervello, ma la maggior parte sono non ortodosse, così come esistono anche credenti che comunque sostengono il diritto alla libertà individuale e di scelta. Quindi anche molti uomini la pensano così e sostengono il movimento delle donne: addirittura molti di questi negli scontri hanno perso la vita.
Questo “lavaggio del cervello” di cui parlavo è tangibile e lo subiamo sin da piccoli, quando cominciano ad insegnarci religione: me ne sono reso conto sulla mia pelle, quando ho sviluppato un pensiero più maturo e indipendente.
Da piccolo hai una mente malleabile: se mi si dice che una cosa è bianca, io crederò che lo sia, anche se in realtà è nera.
Allo stesso modo le leggi coraniche affermano che una donna mette in vista i capelli finirà all'inferno, che molte cose normali siano peccato, anche il semplice tenere per mano la tua ragazza, ti instillano la paura.
Da bambino ero terrorizzato da queste cose. Mi ricordo di aver visto in un film una ragazza alla quale si intravedevano i capelli e volsi lo sguardo per non guardarla ed evitare di finire in prigione o all'inferno. Ripensandoci ora magari posso anche riderne, ma ci sarebbe da piangere. Quando inizi a pensare ti rendi conto di quanto siano pericolose queste cose e questo è uno dei tanti motivi per i quali molti, me compreso, scappano dal mio paese.
Ammetto che spesso ho pensato di denunciare attraverso dei video su Instagram ciò che sta accadendo, ma ho sempre paura che possa accadere qualcosa ai miei parenti che stanno in Iran: se avessi avuto loro qui con me avrei avuto meno problemi anche per questa intervista.
CFFC - La percezione che abbiamo noi dall'occidente è quella di un conflitto tra regime e popolazione, mentre in realtà si è creata una spaccatura sociale profonda, nella quale la cultura del reciproco sospetto fa breccia e danni, al punto da non sapere più bene con chi poter parlare e in che termini.
S -Si, quando andiamo a manifestare magari ci sono degli infiltrati che fanno dei video per riprendere le nostre facce da rivendere al governo o all'ambasciata iraniana.
Adesso manifesto a viso scoperto qui in Italia, ma probabilmente anche quello è un errore. E’ vero che siamo in tanti a manifestare e non possono identificare tutti i partecipanti, ma è altrettanto vero che in molti guadagnano bene lavorando per il regime e sono motivati dal timore che la loro situazione economica possa peggiorare. E’ una spirale di violenza assurda, soprattutto se si pensa che comunque il Corano è un testo che contiene numerosi concetti positivi, ispirati alla solidarietà tra le persone, all’uguaglianza: è un argine al materialismo dal quale, come stiamo vedendo, nascono e prosperano i problemi che stiamo affrontando.
CFFC - Ci è capitato in alcune mostre fotografiche di vedere un raffronto fra alcune fotografie scattate in Iran ai tempi della monarchia e del regime (Nella gallery le immagini di Iran Diary di Abbas). Appare francamente incredibile il salto all’indietro culturale che il paese ha fatto nel giro di pochissimi anni. Hai mai avuto la possibilità di vedere alcune di queste foto e che effetto ti fa vedere quell’Iran rispetto all'Iran in cui sei nato e cresciuto?
S - Sì, ho visto molte di queste immagini, soprattutto tra le foto di famiglia. Allo stato attuale mi accontenterei anche di ritornare ad un minimo di normalità e serenità: capisco che la differenza con 40 anni fa è fin troppa da poter essere colmata in un colpo solo.
Come hai visto nelle foto, l’Iran era un paese libero, moderno, quasi occidentale, mentre oggi, banalmente, le donne si ritrovano a non poter andare andare al mare in costume, ma sono costrette ad indossare i pantaloni.
C’è comunque una controcultura che sta provando a mantenere una certa modernità di pensiero e di vedute, ovviamente in maniera quanto più celata possibile.
Le famiglie, ad esempio, lavorano per insegnare ai propri figli e quindi alla comunità iraniana di domani, il rispetto per l’omosessualità. Io stesso ho regalato alla figlia di una mia amica un libro per bambini sull’omosessualità. Magari sono piccole cose, ma è pur sempre un atto di resistenza in un momento in cui protestare significa mettere a repentaglio la propria vita e quella dei propri cari.
Tra l’altro questa violenza genera pensieri che non avremmo mai pensato potessero passarci per la testa.
Capita a volte che alcuni di quei poliziotti che hanno abusato del loro potere vengano isolati e poi picchiati o uccisi dalla popolazione. Una volta vedere un video del genere ci avrebbe indignato e sconvolto, adesso cominciamo a provare piacere nel vedere questo tipo di giustizia di strada. E’ violenza che genera violenza anche in chi protesta perché tutta questa follia abbia fine.
Un altro aspetto che ci rende rabbiosi è vedere le famiglie di alti esponenti del regime vivere tranquillamente le loro vite nel lusso in paesi occidentali, ovviamente senza rispetto alcuno dei rigidi dettami che qui vengono imposti. C’è un’ingiustizia profonda in tutto questo, che rende la situazione ancora più opprimente e difficile da accettare razionalmente.
Non sappiamo ancora come risolvere questa situazione: stiamo provando a combattere per eliminare il male della nostra società contemporanea, ma il governo sta attuando una repressione terribile e nessun altro paese sta provando ad appoggiarci concretamente.
CFFC - Grazie Saman, in bocca al lupo
S - Grazie a voi.
(1) Fonte Open.