Maurizio Faraboni - Leprosy forgotten
28Maggio/20
Intervista

Maurizio Faraboni

Leprosy forgotten - Il racconto dei dimenticati

Questo 2020 sembra essere stato marchiato indelebilmente dalla pandemia di COVID-19: una sfida recente e di proporzioni enormi lanciata all'intero pianeta.

Tutto ciò che viene raccontato di questa pandemia, anche fotograficamente, finisce inevitabilmente per oscurare qualsiasi altra cosa stia succedendo nel mondo, persino le emergenze più longeve.

Tra queste ce n'è una che evoca racconti biblici, ma che ha avuto la forza di attraversare i secoli e la capacità di annidarsi violentemente in alcuni paesi, facendone, di fatto, delle roccaforti.

Stiamo parlando della lebbra e di come questa a tutt'oggi esista e resista in alcuni paesi africani

Maurizio Faraboni, fotografo novarese classe '72, ha impiegato 20 anni della sua vita su un lavoro fotografico di grande impatto, che racconta senza mezzi termini il dramma delle comunità di lebbrosi. Queste sono a tutti gli effetti dei ghetti situati al di fuori delle città e dei villaggi, nei quali i malati vengono raggruppati e abbandonati alla malattia. Fino alla morte.

Questo reportage, chiamato Leprosy Forgotten, è composto da una grande varietà di immagini dall'impatto visivo al contempo estremamente violento e incredibilmente dolce. Merito dello sguardo di un fotografo che ha voluto raccontare una realtà dolorosa evitando di spettacolarizzarla.

Oggi facciamo quattro chiacchiere proprio con l'autore per capire qualcosa in più di lui e di questa scelta impegnativa

Maurizio Faraboni

CFFC - Benvenuto Maurizio, vorremmo innanzitutto sapere qualcosa di più sulla tua attività da fotografo: il tuo apprendistato infatti è avvenuto nel mondo del ritratto e della moda, ma la tua attenzione si è poi spostata sul reportage. Quanto è importante per un reportagista avere esperienza da ritrattista, qual è il plus che un background del genere garantisce?

M.F. - Inizio dicendo che anche se ho cercato negli ultimi 25 anni di diventare un bravo fotoreporter, la moda e il ritratto non li ho mai abbandonati completamente...anzi! Sono fermamente convinto che l'esperienza sviluppata fotografando modelle e personaggi famosi negli anni 90, mi abbia aiutato tantissimo anche nel reportage, facilitando il mio rapporto con le persone mettendole a loro agio davanti al mio obiettivo. Ma non solo, mi viene quasi naturale trovare il giusto taglio di inquadratura, la giusta luce (sempre e rigorosamente naturale) per realizzare buoni ritratti che siano ambientati o no.

CFFC - In questo periodo gli occhi del mondo sono puntati su un unico argomento, tralasciando molti altri problemi e situazioni che non si sono certo fermati per lasciare il passo al COVID-19. Quanto è grave la situazione di questa malattia e quanto è importante continuare a tenere alta l'attenzione su di essa?


L'intervista prosegue dopo la photogallery

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M.F. - Sicuramente la situazione attuale è gravissima ed è l'argomento del secolo. Io, in tutta sincerità non sono uscito a scattare, non avendo lavori commissionati ed ho ritenuto opportuno non mettere a rischio la mia salute e quella dei miei famigliari inutilmente. Soprattutto quella di mio figlio Mr.David, che come saprete è un bimbo affetto da diabete mellito tipo 1 e quindi soggetto ad altissimo rischio. Mi sono limitato a guardare i moltissimi lavori che sono stati pubblicati da colleghi e amici, trovando quelli di Alex Majoli e Fabio Bucciarelli dei capolavori assoluti, ma conoscendoli entrambi molto bene la cosa non mi stupisce affatto.

Trovo invece tremendamente inutili le foto delle citta' e delle piazze vuote, qualcuno mi ha risposto in un post " non capitera' mai piu' di poter fare queste foto" ma sinceramente bastava alzarsi alle 5 del mattino anche prima di tutto questo delirio e le foto si potevano fare lo stesso. Io ne ho di Piazza S.Marco o di Piazza del Duomo senza nemmeno i piccioni.

CFFC - Abbiamo letto delle cicatrici che hai sul braccio e le abbiamo interpretate come segni tangibili di un attaccamento forte al tuo lavoro: qual è la scintilla che si accende ogni giorno e quanto è rilevante nel tuo mestiere?

M.F. - Le cicatrici sul mio braccio e sul corpo sono dovute alle machetate prese ad Haiti nel 2009, quando la passione per il mio lavoro e per la fotografia erano enormi e quasi prioritarie nella mia vita, spingendomi a volte anche oltre i limiti. Nel corso degli anni poi la fiamma si è sempre piu' affievolita, il mondo della fotografia e quello editoriale sono cambiati completamente, e oggi per me è sempre piu' difficile riaccendere quel fuoco di grande passione.

Fino a pochi anni fa, ovunque andassi avevo la macchina fotografica al collo, non la mollavo mai: mia moglie ne era persino gelosa. Ultimamente passo mesi senza nemmeno accenderla, faccio fotine in casa ai miei bimbi solo con l'iphone.

CFFC - Per il tuo lavoro in Senegal, sulla lebbra, hai attivato autonomamente un crowdfunding molto interessante, che permette alle persone di far entrare il tuo lavoro nelle loro case e permette a te di concretizzare mesi e mesi di applicazione, ci spieghi in cosa consiste e come vi si può partecipare?

M.F. - Ho deciso finalmente di pubblicare il mio primo libro fotografico del mio ventennale progetto sui lebbrosari africani. E' una promessa che ho fatto al mio grande amico Daniele Tamagni il giorno del suo funerale. Sempre mi diceva che dovevo pubblicare un libro sulla lebbra e quindi sarà dedicato a lui e al grande amore che entrambi abbiamo sempre avuto per l'Africa. Ci conoscemmo proprio in aereo mentre andavamo in Senegal e nacque subito una grande amicizia e stima reciproca.

A febbraio ho provato a lanciare un crowdfunding per aiutarmi a realizzare questo sogno e devo dire con immenso piacere che in molti hanno aderito al mio progetto. Avrei dovuto partire il 22 marzo per realizzare alcuni nuovi scatti da inserire nel libro, ma per questa terribile pandemia è ovviamente rinviato al piu' presto possibile. Inshallah.

Colgo l'occasione per ringraziare pubblicamente tutti coloro che già avevano versato il loro contributo, voglio rassicurare che non scappero' da nessuna parte, con la promessa che appena sara' possibile muoversi raggiungero' il Senegal con qualsisi mezzo (cosa che ho gia' fatto in passato) per poi dare priorità assoluta alla stampa del libro. Hanno riposto in me grande stima e profonda fiducia, quindi non potrei mai deludere nessuno.

CFFC - Cos'ha in programma Maurizio quando potrà tornare a viaggiare con la sua macchina fotografica?

M.F. - Beh, come appena detto, la cosa piu' importante in programma è il viaggio in Senegal, poi ci saranno sicuramente cose legate ai viaggi fotografici, whorkshop con destinazioni ancora da decidere (deciderà il covid-19) e infine una cosa fighissima che farò con il grande Peter Turnley, ma per adesso meglio non svelare nulla per scaramanzia.

Prima però bisogna uscire da questo incubo il prima possibile tutti insieme.

Mando un grande abbraccio virtuale a voi e a tutte le persone che mi seguono e mi sostengono con grande passione e affetto.


La nostra intervista termina qui: ringraziamo Maurizio per averci raccontato queste storie. La sua, personale, e quella di quanti ancora vivono in condizioni davvero disperate.

Gli facciamo inoltre un grosso in bocca al lupo per la pubblicazione di questo importante lavoro di reportage.


Se volete saperne di più su Maurizio Faraboni:

IG - @maurizio.faraboni

FB - Maurizio Faraboni


Per sostenere il progetto di crowdfunding:

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